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Tony Judt: Il testamento politico.
Nella sua ultima fatica letteraria “Guasto è il mondo” Tony Judt denuncia il regresso politico e sociale del mondo occidentale dagli anni ‘90 al 2008: “Dalla fine del XIX secolo agli anni settanta del Novecento le società avanzate dell’Occidente sono diventate tutte, progressivamente meno disuguali. Grazie alla tassazione progressiva, ai sussidi pubblici per i poveri, ai servizi sociali, alle tutele contro i colpi della sorte, le democrazie moderne si stavano liberando dal problema degli eccessi di ricchezza e di povertà…….tutti, a modo loro, subivano gli effetti di un’intolleranza sempre più forte verso gli eccessi della disuguaglianza, mettendo in piedi programmi pubblici per compensare l’inadeguatezza del settore privato.
Negli ultimi trent’anni abbiamo gettato al vento tutto ciò…….l’entusiasmo per il capitalismo senza regole ha fatto riaffiorare manifestazioni sfrenate di privilegio privato ed indifferenza pubblica.
Nel 2005 il 21,2 per cento del reddito nazionale americano derivava da appena l’uno per cento dei cittadini. ….il patrimonio della famiglia Walmart equivaleva, sempre nel 2005, a quello del 40% più povero della popolazione americana, cioè 120 milioni di persone.”
A proposito della crescita esponenziale della disuguaglianza sociale ed economica tra gli individui e del rischio che tale divario comporta, commentava :”se una simile grottesca disuguaglianza persisterà, perderemo qualsiasi senso di fratellanza; e la fratellanza, per quanto fatua come obbiettivo politico, è la condizione necessaria della politica stessa. Inculcare il senso di uno scopo comune di una dipendenza reciproca per molto tempo è stato visto come il pilastro di qualsiasi comunità”
A proposito del fascino e dell’ammirazione delle masse per i ricchi e potenti, sentimento diffuso e propagandato con ogni mezzo, asseriva: “ Un conto è vivere in mezzo alla disuguaglianza ed alle sue patologie, un altro è compiacersene. C’è dovunque una peculiare propensione ad ammirare le grandi fortune e ad accordare ai loro detentori uno status di celebrità. Non è una novità: nel lontano XVIII secolo, Adam Smith ( il padre fondatore dell’economia classica) riscontava lo stesso atteggiamento fra i suoi contemporanei: “la gran massa ammira e venera – e, ciò che può sembrare strano, disinteressatamente – la ricchezza e la grandezza”. Questa acritica adulazione della ricchezza in sé e per sé non era semplicemente sgradevole per Smith, ma costituiva anche un aspetto potenzialmente distruttivo di una moderna economia commerciale, che col tempo poteva mettere a rischio quelle stesse qualità che il capitalismo, ai suoi occhi, doveva obbligatoriamente difendere ed alimentare:”Questa disposizione ad ammirare e quasi a venerare il ricco e potente, e a disprezzare – o almeno a trascurare – le persone di condizione povera ed umile […] è […] la grande causa universale di corruzione dei nostri sentimenti morali”.”
Vittima illustre di questa corruzione morale è la sinistra europea che ignorando il messaggio di Toni Judt e di altri illustri pensatori persegue le stesse politiche demenziali e distruttive dello stato sociale promosse dell’attuale scuola di pensiero liberista, contribuendo di fatto a demolire lo stato sociale conquistato in quasi 200 anni di storia e di progresso.
