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I Creatori di Moneta
I Creatori di moneta
Ci risiamo, la storia si ripete, ma questa volta chi pagherà ?
Gertrude Margaret Coogan (Lincoln, 1898 – Chicago, 1986)
Vi spiega in parole semplici l’incredibile, quanto banale, truffa che sta alla base di tutti i sistemi monetari che dominano il mondo occidentale ed i cui meccanismi sono, alla base, rimasti invariati negli ultimi duecento anni.
Un’incredibile, quanto assolutamente banale, truffa che sta alla base di tutti i mali della nostra economia moderna, creando disoccupazione, emarginazione e infinite sofferenze di persone oneste ed operose.
I creatori di moneta, oggi come nell’800, drogano e distruggono l’economia impossessandosi di tutti i beni reali di chi rischia, produce e lavora.
La loro avidità non ha confini, l’arricchimento personale è il solo scopo della loro vita e provoca sofferenze all’intera umanità.
Questa incredibile quanto raccapricciante realtà è tenuta nascosta da complicatissime argomentazioni pseudoscientifiche, ma, avverte la stessa GMC: La verità è semplice. Solo la falsità e i falsi principi debbono essere discussi in termini misteriosi.
La storia del XX secolo ci ha insegnato che la verità prima o dopo viene a galla anche se, come al solito, a farne le spese sono state vittime designate che hanno espiato le colpe dei veri responsabili.
Un invito a chi comanda le nostre istituzioni finanziarie è di leggersi integralmente il testo di questa lungimirante economista…e di fare un passo indietro, prima che sia toppo tardi……………..
L’inizio della truffa monetaria
Nelle epoche più antiche della storia umana il commercio avveniva con vari mezzi di scambio bovini, pecore, pietre preziose, sale (che veniva estratto in Italia e trasportato lungo la via salaria, la strada del sale, da qui il termine salari0) pelli, conchiglie, ovvero collane di conchiglie degli indiani d’America oltre ché oro e argento.
Infine con l’aumento della popolazione e dei traffici commerciali la moneta cominciò a scarseggiare, fu allora che un gruppo di prestatori di denaro concepì l’idea di servirsi dell’oro e dell’argento come base per l’emissione di carta moneta; a tal fine si adoperarono per ottenere il monopolio legale dell’emissione di moneta nei vari paesi, il che comportava il potere di manipolare e controllare l’economia.
I bene informati sapevano ovviamente che la moneta in se stessa non è ricchezza. La moneta è semplicemente un mezzo usato per calcolare o quantificare la ricchezza.
La ricchezza si suddivide in due distinte tipologie e funzioni: uno) beni di consumo o beni deperibili che vengono consumati o distrutti per il sostentamento fisico, ad esempio cibarie indumenti eccetera, due) beni capitali o beni produttivi che non servono direttamente sostentamento fisico, ma sono strumenti impiegati nella produzione di beni di consumo, a esempio fabbriche, carri merci, macchinari questi ultimi si deteriorano e diventano obsoleti ma non vengono consumati direttamente da esseri viventi.
Coloro che concepirono l’idea di servirsi dell’oro e dell’argento come base per l’emissione di moneta riuscirono a vendere questa idea ai loro concittadini, non c’era in effetti nulla di sbagliato nell’uso di contromarca d’oro o d’argento come moneta sino a quando la Nazione che le usava fosse stata in grado di ottenere quantità sufficienti di questi metalli per aumentare il flusso di moneta quando ve ne fosse necessità in conseguenza della mancata capacità di produrre beni reali da parte del popolo.
Quando accettò l’idea di servirsi di contromarca d’oro e d’argento come strumenti per calcolare l’effettiva ricchezza reale scambiata il popolo cercò di custodire questi metalli preziosi in luoghi ben protetti.
Un individuo particolarmente perspicace capì che se avesse costruito un deposito blindato le persone lo avrebbero pagato per custodire i loro metalli preziosi. Costui avviò dunque la sua vita attività e percepì un compenso per custodire metalli preziosi fino a quando i loro proprietari ne avessero avuto bisogno per effettuare degli acquisti. Coloro che affidavano i metalli preziosi al proprietario del deposito blindato ottenevano in cambio delle ricevute per i loro depositi.
Le persone scoprirono ben presto che era scomodo recarsi dal titolare del deposito blindato ogni qualvolta avessero avuto necessità dei metalli preziosi e poiché tutti erano certi che essi fossero al sicuro nel deposito blindato divenne ben presto pratica comune scambiare le ricevute di deposito dei metalli preziosi con dei beni, era molto più comodo trasmettere un pezzo di carta che attestava l’esistenza di una quantità di metallo prezioso anziché recarsi a ritirare quel metallo per procedere poi lo scambio.
Il nuovo proprietario della ricevuta non la restituiva al deposito blindato poiché riteneva che quando avesse voluto trasmetterla ad altri avrebbe potuto semplicemente consegnarsi quel pezzo di carta. Questi pezzi di carta erano in realtà le promesse del proprietario del deposito blindato per il pagamento a richiesta di metalli preziosi.
Questo fu l’errore originale del pubblico. L’errore del pubblico non consistette nell’affidare la propria moneta reale al banchiere privato ma nel consentire sventatamente al banchiere privato di emettere i suoi pezzi di carta per sostituire e più tardi per triplicare la moneta reale
Il proprietario del deposito blindato sfrutta una buona occasione.
Il proprietario del deposito blindato era un uomo astuto e conservatore egli notò ben presto che le persone si scambiavano le sue promesse di pagamento per riscuotere metalli preziosi. Se ne rese conto notando che alcuni di coloro che portavano queste ricevute al suo deposito blindato non erano gli stessi ai quali le avevano lasciate in origine egli però era perfettamente disposto ad accettare che le cose andassero così se le persone lo desideravano. La seconda osservazione da lui fatta ebbe conseguenze di ampia portata egli notò che solo una piccola percentuale di persone consegnava ricevute per ottenere il loro metalli preziosi in un dato giorno in altre parole notò che circa il 90% della massa totale d’oro rimaneva nei suoi caveaux assolutamente intatta e che era necessario solo il 10% del metallo in deposito per provvedere a pagamenti e ricevute nel corso della sua attività.
Egli venne tentato da un’idea! Poiché solo il 10% circa dei proprietari di metallo prezioso ne reclamava la restituzione immediata perché non emettere più ricevute di quante ne permettessero l’oro effettivamente conservato nei suoi caveau, sapeva che il principio era disonesto, ma la tentazione era grande. Dopo aver riflettuto attentamente sulla faccenda e aver ceduto infine alla tentazione egli decise di cominciare a emettere su piccola scala delle ricevute per una quantità di metallo superiore a quella conservata nei suoi caveaux, in altre parole avrebbe aumentato le sue promesse di pagamento al di la della massa di metallo effettivamente esistente e avrebbe percepito gli interessi su questa moneta fittizia. Questa fu la frode originale che continua a tutt’oggi e che è la radice di tutti i nostri mali economici. I banchieri potranno sempre difendere questa pratica sin che vorranno ma resta il fatto che quando concedono il loro credito a interessi essi stanno semplicemente creando moneta privata che possono ritirare e distruggere a piacimento provocando la sofferenza e l’impoverimento del beneficiario del prestito che periodicamente si vede costretto dalla scarsezza artificiosa di credito a cedere proprietà reali in cambio dei dollari creditizi che gli sono stati concessi.
Cercò con calma fra qualche imprenditore che avesse bisogno di altro denaro per condurre le proprie attività. L’imprenditore che egli cercava era un uomo onesto e un serio lavoratore. Quando seppe che il proprietario del deposito blindato gli avrebbe prestato denaro a interessi l’ imprenditore pensò che la promessa di pagamento offerta in prestito dal proprietario del deposito blindato fosse ricevuta contro metallo prezioso che apparteneva effettivamente allo stesso proprietario del deposito blindato, non avrebbe mai pensato che fosse solo un diritto fittizio creato dalla penna del proprietario del deposito blindato e che l’oro che questi avrebbe dovuto corrispondergli non esisteva affatto.
Al momento di emettere queste promesse di pagamento per metallo prezioso che non esisteva, il proprietario del deposito blindato iscriveva ipoteca sui beni del beneficiario del prestito sulla sua casa sulla sua attività commerciale per garantirsi la restituzione di una quantità equivalente di ricevute contro metallo prezioso. Ciò naturalmente era disonesto perché egli esigeva una garanzia concreta in cambio delle sue promesse di pagamento per ottenere oro fittizio più di quanto non esistesse nei suoi caveaux. Aveva creato semplicemente quelle promesse di pagamento con un tratto di penna. Inoltre egli non dava alcuna garanzia ai veri proprietari del metallo custodito nei suoi caveau quando cominciò a emettere più promesse di pagamento dell’oro effettivamente esistente.
Dopo un certo tempo il proprietario del deposito blindato divenne ancora più audace e privo di scrupoli. L’imprenditore a cui aveva prestato una ricevuta contro oro fittizio acconsentì a pagare interessi per l’uso di quel denaro e acconsentii a restituire la ricevuta entro una certa data. Il proprietario del deposito blindato si accorse che le sue entrate aumentavano. Egli notò non solo otteneva un compenso per tenere al sicuro del metallo prezioso, ma percepiva interessi su ricevute contro oro che non esisteva. Comunque l’imprenditore era assolutamente ignaro di essere stato coinvolto in una pratica disonesta. Gli affari andavano a gonfie vele e il proprietario del deposito blindato cercò altri imprenditori a cui concedere in prestito delle ricevute contro metallo prezioso. Con l’aumento di queste ricevute prestate a interessi i prezzi cominciarono a salire e il popolo cominciò a notare una crescita del tasso di attività commerciali dovuto all’aumento della massa monetaria che offriva a più individui la possibilità di lavorare e produrre fornendo il mezzo per effettuare i loro scambi. Gli imprenditori videro aumentare i loro profitti e cercavano di espandere le loro attività. Altre persone, venute a conoscenza di prestiti concessi dal proprietario del deposito blindato, richiesero a loro volta prestiti perché scorgevano in una struttura dei prezzi al rialzo l’occasione per trarre maggiori profitti.
Il proprietario del deposito blindato in realtà stava provocando l’inflazione (l’inflazione della moneta dei banchieri) egli, cioè, stava aumentando la quantità di moneta in circolazione a un passo più rapido rispetto all’aumento dei beni reali. Questa inflazione era stata fino allora totalmente sconosciuta alle persone che componevano la comunità.
Il proprietario del deposito blindato raggiunge il limite
Mentre il proprietario del deposito blindato continuava ad aumentare le sue promesse di pagamento a un tasso più rapido di quello al quale la comunità era in grado di produrre beni, i prezzi aumentavano bruscamente. Il rialzo dei prezzi è sempre causato da un aumento del flusso monetario più rapido dell’aumento del volume reale dei beni. Se questi due fattori aumentano in proporzione uguali la produzione e la distribuzione di quantità crescenti di beni può avvenire senza bruschi rialzi dei prezzi. Mentre si verificava questo notevole rialzo dei prezzi, l’ attività commerciale si manteneva al alti livelli. Nella comunità non solo non esisteva disoccupazione ma vi era perfino carenza di manodopera. La comunità era felice, i membri di ciascuna famiglia che desideravano lavorare avevano un’occupazione e il potere d’ acquisto necessario a procurarsi calzature, abiti, cibo ed altri beni che venivano prodotti. Gli insegnati di tutte le scuole avevano notato che il rendimento dei ragazzi a molto buono. Arrivavano a scuola ben nutriti e ben vestiti ed esprimevano la felicità che regnava nelle loro case. Le organizzazioni caritative della comunità si resero conto che la loro opera non era necessaria. La delinquenza scomparve quasi completamente, il popolo voleva lavorare, esistevano materie prime e macchinari con cui lavorare e una massa monetaria sufficiente a consentire lo scambio dei prodotti tra i lavoratori.
Non vi era troppa moneta nella comunità, ma era stata immessa in circolazione troppo velocemente causando così bruschi rialzi dei prezzi. Se fosse aumentata solo con l’aumento della produzione questi dannosi rialzi dei prezzi non si sarebbero verificati ma non vi era troppa moneta.
Questa situazione tuttavia presentava un aspetto molto pericoloso. Il 90% della moneta in circolazione era stata creata in modo disonesto dal proprietario del deposito blindato. Consisteva nelle sue promesse di pagamento per il metallo prezioso che egli non possedeva: le aveva emesse come prestiti e lui solo ne aveva il completo controllo.
Il popolo non si rendeva conto che gli aveva emesso ricevute contro metallo prezioso inesistente ed era ignaro del fatto che il proprietario del deposito blindato potesse annientare la sua capacità di guadagnarsi da vivere e, quindi, la sua felicità. In precedenza abbiamo osservato che nell’emettere le promesse di pagamento il proprietario del deposito blindato aveva iscritto ipoteca su case fattorie e fabbriche. Ora possedeva ipoteche su parte sostanziale delle proprietà reali delle persone.
Il proprietario del deposito blindato si rese conto che non doveva espandere le sue promesse di pagamento oltre 10 volte la quantità di metallo conservate nei suoi caveaux, poiché l’esperienza gli aveva insegnato che pure in una struttura dei prezzi al rialzo sarebbe stato molto pericoloso emettere promesse di pagamento in una proporzione superiore a quella da uno a 10.
Egli aveva bisogno di moneta reale (metallo prezioso) equivalente circa il 10% delle sue promesse di pagamento per mantenere il suo inganno poiché solo il 10% circa delle sue transazioni avveniva con moneta reale! Oggi questa pratica viene accettata come corretta poiché risulta molto antica ed è stata stoltamente legalizzata; viene accettata solo in ragione degli elementi preziosi diffusi da quanti ne traggono profitto.
Una volta che i suoi clienti ebbero speso le loro promesse di pagamento per metallo fittizio i nuovi proprietari ebbero gli stessi diritti sul’oro conservato nei caveaux di coloro che in precedenza vi avevano effettivamente depositato il proprio oro.
Se fosse intervenuto qualcosa a turbare la fiducia delle persone (tutti sanno che la fiducia e ancora oggi l’essenza di questo tipo di operazioni bancarie) il proprietario del deposito blindato avrebbe potuto trovarsi a fronteggiare richieste per una quantità di oro superiore a quella conservata nei suoi caveaux.
Non appena cessò di concedere in prestito altre promesse di pagamento il proprietario del deposito blindato notò che i prezzi smettevano di crescere. Allora cominciò a chiedersi se alcuni beneficiari di prestiti non avrebbero potuto trovarsi in difficoltà nel vendere i loro prodotti dato che il volume della moneta risultava ora stazionario, di conseguenza decise di restringere in qualche modo i suoi prestiti. Scorse anche la possibilità di trarre un illecito profitto dalle persone della comunità.
Si tenga presente che aveva iscritte ipoteche su molte delle loro imprese e abitazioni. I suoi debitori gli avevano concesso queste ipoteche in buona fede nella convinzione che egli avesse dato loro in prestito ricevuta contro metallo prezioso realmente esistente non avevano compreso che stava costruendo una struttura monetaria destinata a crollare non si rendevano conto di avere preso in prestito ricevuta contro metallo fittizio e di pagare i relativi interessi, né che il proprietario del deposito blindato avrebbe potuto provocare, richiedendo semplicemente la restituzione di quelle ricevute, un grave calo dei prezzi e dei valori.
Il proprietario del deposito blindato decise di agire, convocò dunque il proprietario di una delle fabbriche locali prima che spirasse il periodo concesso di una restituzione del prestito, lo chiamò nel suo ufficio e dopo alcune domande cortesi gli disse che la situazione economica lo costringeva a esigere la restituzione anticipata di parte dei suoi prestiti. Spiegò con molta cura al proprietario della fabbrica che lui come proprietario del deposito blindato era in effetti il garante di tutte le attività economiche della comunità e che era suo dovere far sì che gli imprenditori svolgessero le proprie operazioni entro limiti accettabili.
Il proprietario della fabbrica era molto sorpreso sapeva di aver dato ampie garanzie per il prestito poiché aveva ipotecato la sua fabbrica di valore ben superiore a quello del prestito.
Sapeva pure i suoi affari andavano bene dato che introitava profitti molto soddisfacenti e non aveva scorte giacenti. Cominciò a parlare di tutto questo al proprietario del deposito blindato, questi si fece serio.
Dopo tutto, egli disse al proprietario della fabbrica, il suo impegno principale era nei confronti dell’intera comunità. Poteva osservare ciò che accadeva in tutte le attività commerciali molto meglio di ogni singolo imprenditore in fondo gli imprenditori erano esseri umani e si lasciavano prendere facilmente dall’entusiasmo dell’ambizione e persino dall’avidità, quindi la responsabilità di mantenere gli imprenditori nei giusti limiti ricadeva ovviamente e direttamente sulle sue spalle, disse anche al proprietario della fabbrica che il fattore essenziale in ogni attività commerciale consiste nella reputazione di cui l’imprenditore gode presso il proprietario del loro depositato blindato e che nell’interesse di una onesta attività di prestito era necessario in quel momento sospendere la concessione dei prestiti, naturalmente era molto spiacente ma doveva semplicemente salvaguardare i migliori interessi della comunità, dopo tutto egli doveva ispirarsi solo alle leggi dell’economia non poteva lasciarsi sviare del suo desiderio di mantenere la piena occupazione per tutti o dal desiderio della comunità di produrre e distribuire cibo a sufficienza, vestiario e abitazioni in quantità ragionevoli per ogni famiglia, cosa resa possibile dalla disponibilità di materie prime e dalla capacità e dalla volontà di lavorare.
Una depressione economica
Il proprietario della fabbrica non aveva scelta. Lasciò l’ufficio del proprietario del deposito blindato abbattuto e scoraggiato. Perché era necessario chiedere la restituzione del suo prestito annullare ciò per cui egli stava impiegando quel denaro? Sapeva che nessuna impresa della comunità aveva scorte giacenti. Sapeva che la manodopera forniva un’onesta prestazione giornaliera in cambio di una onesta paga quotidiana. Non riusciva a comprendere perché un guastafeste dovesse prendere di mira la sua attività commerciale, si sentiva offeso perché il proprietario del deposito blindato aveva detto che gli imprenditori erano avidi. Aveva lavorato assai duramente per avviare la sua attività commerciale e non era affatto scontento delle persone che lavoravano per lui se fosse stato costretto procurarsi il denaro liquido per pagare quel prestito avrebbe dovuto interrompere le sue operazioni, ciò significava che avrebbe dovuto offrire le sue merci a prezzi molto inferiori e licenziare alcuni dei suoi operai.
Il pensiero di dover comunicare loro questa decisione lo rattristava. Perché quando era così prospera la comunità doveva essere turbata da una <depressione economica>?
La comunità aveva dimostrato la sua capacità di produrre cibo vestiario e abitazioni per tutto il popolo, perché proprietario del denaro doveva cominciare a turbare proprio ora questa situazione?
Quella notte egli rifletté molto attentamente sulla questione ma non riuscì a trovare una soluzione tranne quella di annullare gli ordini di nuove materie prime e di vendere parte delle merci a prezzi ribassati per raccogliere in poco tempo denaro liquido.
Il giorno dopo comunicò ai suoi clienti che avrebbero dovuto pagarlo immediatamente. Ognuno di loro naturalmente fu costretto ad affrontare la stessa situazione in cui si era trovato il proprietario della fabbrica, ognuno di loro dovette sua volta scrivere i propri clienti e chiedere il pagamento dei conti in sospeso. Una volta messo in moto questo meccanismo assunse proporzioni sempre più vaste. In conseguenza dell’improvvisa offerta forzosa di merci i pezzi di tutti i generi cominciarono a scendere drasticamente. Ahimè! Ben presto lavoratori cominciarono a trovare nella busta paga settimanale avvisi che comunicavano che il loro il rapporto di lavoro doveva cessare.

Il proprietario del deposito blindato trova il modo di mantenere costanti i suoi introiti anche riducendo la moneta fittizia in circolazione
Nel frattempo i prezzi continuarono a scendere. Il proprietario del deposito blindato convocò altri beneficiari dei suoi prestiti ad alcuni di loro ingiunse senza mezzi termini di restituire prestiti. Ad altri disse che avrebbe aumentato i tassi di interesse sui loro prestiti, ora il denaro scarseggiava e per continuare a soddisfare le loro richieste sarebbe stato necessario aumentare il tasso dal quattro all’8%. Essi videro che i prezzi erano già scesi e si resero conto che avrebbero dovuto sacrificare la loro scorta per ottenere denaro liquido così accettarono di pagare l’8% di interesse. Imporre un interesse dell’8% significava che proprietario del deposito blindato dopo aver ridotto i prestiti del 50% poteva ancora ricavare un profitto identico a quello ricavato quando tutte le sue promesse di pagamento erano in circolazione.
Costui continuò nella sua politica di revoca dei prestiti costringendo gli imprenditori a vendere le scorte e licenziare il propri operai sino al punto in cui i prezzi scesero a un livello tale che alcuni imprenditori non furono più in grado di vendere le scorte per restituire prestiti.
Convocò questi imprenditori e con un tono di voce molto comprensivo spiegò loro che erano semplicemente vittime delle “leggi economiche” le quali non potevano essere infrante.Il proprietario del deposito blindato doveva salvaguardare il denaro della comunità. Sebbene gli spiacesse farlo si trovava costretto ad agire. Egli rilevò quindi le loro attività commerciali. Naturalmente versò qualche lacrima e disse agli imprenditori che era molto spiacente per il verificarsi di una tale situazione ma che il suo primo dovere era di salvaguardare l’interesse della comunità e che le leggi dell’economia non potevano essere violate impunemente, ciò significava il sequestro dei beni. Gli Imprenditori avevano ottenuto dal proprietario del deposito blindato prestiti di denaro immaginario o di fiducia creato artificialmente: una pura e semplice truffa.
Gli imprenditori dovevano così consegnare al proprietario del deposito blindato i risultati di molti anni di duro lavoro. Avevano edificato le proprie fabbriche e i propri negozi nel corso di molti anni; ora erano costretti a consegnarli al proprietario del deposito blindato e ricominciare tutto di nuovo o trovare un impiego lavorando alle dipendenze di qualcun altro. Questo processo continuò sino a che il proprietario del deposito blindato ebbe richiamato metà delle sue promesse di pagamento ed eliminato metà della moneta circolante nella comunità distruggendo semplicemente metà della moneta fittizia da lui creata egli si arricchì sequestrando beni reali che erano stati impegnati in cambio di prestiti della sua moneta fittizia. Gli imprenditori avevano impegnato i loro beni reali, fabbriche e proprietà per ottenere un prestito di denaro dietro il quale non vi era nulla tranne il “credito” puramente immaginario del proprietario del denaro, sul quale essi avevano pagato un interesse.
Lo sfruttamento del lavoro in epoche diverse
La situazione nel Medioevo
Un estratto dal libro il mutuo appoggio di S. Kropotkin
………………… ma la stessa cosa è pur vera per tutto il resto d’Europa come lo mostrano le ricerche del Falke e del Schönberg, come molti altri dati. Nel secolo XV un muratore, un carpentiere, o un fabbro ferraio era pagato ad Amiens 4 sold il giorno, ciò che corrispondeva a quarantotto libbre di pane, od all’ottava parte d’un piccolo bue. In Sassonia il salario del Geselle nei lavori di costruzione, era tale, per servirmi delle parole del Falke, che egli poteva comprare con i guadagni di sei giorni tre montoni ed un paio di scarpe.
I doni degli operai (Geselle) alle cattedrali sono pure una testimonianza del loro relativo benessere, per non dire dei doni magnifici di certe corporazioni d’artigiani, nè di ciò che avevano costume di spendere in feste ed in banchetti. Più conosciamo la città del Medioevo, e più ci accorgiamo che in nessun tempo il lavoro à goduto d’una prosperità e d’un rispetto pari ai tempi fiorenti di quest’istituzione.
Vi è di più; non soltanto molte aspirazioni dei moderni radicali erano già attuate nel Medioevo, ma idee che oggi sono trattate come utopie erano allora accettate come indiscutibili realtà. Si ride quando noi diciamo che il lavoro deve essere piacevole, ma «ciascuno deve trovar piacere nel proprio lavoro», dice una ordinanza di Kutteberg nel Medioevo, «e nessuno potrà, che non faccia niente (mit nichts thun), appropriarsi di ciò che altri ànno prodotto con il loro studio ed il lavoro, poiché le leggi devono proteggere lo studio ed il lavoro».
In occasione delle attuali discussioni sulle ore di lavoro giornaliero, sarà bene anche rammentare un’ordinanza di Ferdinando primo, relativa alle miniere imperiali di carbone, che regolava la giornata del minatore ad otto ore «come era costume in altri tempi» (wie vor Alters her kommen), ed era vietato lavorare il pomeriggio del sabato.
Più di otto ore di lavoro erano molto rare, ci dice il Janssen, ma meno di otto ore era un fatto comune.
In Inghilterra nel secolo XV, dice Rogers, «gli operai non lavoravano che quarantotto ore la settimana». Così pure, la mezza giornata di riposo del sabato, che consideriamo come una conquista moderna, era in realtà una istituzione antica del Medio Evo.
la situazione all’inizio della rivoluzione industriale:
Con l’avvento della rivoluzione industriale ed il mutare delle condizioni di lavoro, nasce la classe operaia, il cosiddetto proletariato urbano. Questo, privo di protezione ed esposto al rischio permanente della disoccupazione, dal momento che l’abbondante manodopera permetteva agli imprenditori di licenziare quando volessero, era sottoposto a condizioni di lavoro durissime.
Le macchine, che non erano più alimentate da energia umana, ma da fonti esterne, non avevano teoricamente più bisogno di soste ed imponevano ritmi di lavoro costanti. Un operaio dunque compiva meccanicamente lo stesso lavoro per 12/ 16 ore al giorno, in pessime condizioni igieniche e con un salario appena sufficiente per vivere. Questi lavoratori erano dei veri e propri “schiavi”, imprigionati in afose fabbriche alte otto piani fino a sera, senza un attimo di riposo salvo i tre quarti d’ora del pasto. Il fatto che il lavoro dell’operaio consistesse semplicemente nella prolungata esecuzione di facili e monotone operazioni e non servisse più essere dotati di forza fisica, allargava la possibilità di impiego anche a donne e bambini, pagati ancora meno degli uomini..
Fino alla metà del sec. XIX i tre quarti circa della manodopera impiegata nella fabbriche tessili inglesi erano donne e ragazzi fra i dieci e i diciotto anni. I dati seguenti si riferiscono agli operai dell’industria cotoniera inglese nel 1835:
|
Uomini |
Donne | Giovani (13-18 anni) | Bambini |
| 58.053 | 67.824 | 65.486 | 28.771 |
Tutta la vita dell’operaio veniva assorbita dalla fabbrica, dove il ritmo di lavoro era automaticamente imposto dalla macchina. Egli finiva col diventare uno strumento di produzione, asservito ad un meccanismo produttivo sul quale non poteva esercitare alcun controllo. Inoltre le terribili condizioni di vita portavano all’aumento del degrado e della criminalità nei tetri, malsani e sovraffollati centri industriali, dove l’assenza di servizi pubblici e di misure igieniche era quasi totale: si trattava di veri e propri agglomerati di case, sorte senza ordine, senza un piano preciso, senza il minimo rispetto per l’uomo e per la natura.
la situazione ai nostri giorni in alcuni paesi in via di sviluppo
Cina:
(da una ricerca effettuata dagli studenti del liceo Berchet di Milano)
“Minorenni alla catena di montaggio, fabbriche gestite come carceri, salari che bastano appena a sopravvivere, operai avvelenati dalle sostanze tossiche, una strage di incidenti sul lavoro.
Alla Kingmaker che produce per la Timberland , gli operai dicono di non sapere neppure “se esiste un sindacato; i rappresentanti dei lavoratori sono stati nominati dai dirigenti della fabbrica”. Per confezionare un paio di Timberland, vendute in Europa a 150 euro, nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al giorno, dorme in fabbrica, non ha ferie né assicurazione malattia, rischia l’intossicazione e vive sotto l’oppressione di padroni-aguzzini. Per fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una cinese riceve 90 centesimi di euro: il prezzo in Europa è 178 euro per il modello con il logo della Ferrari. Nella fabbrica-lager che produce per la Puma i ritmi di lavoro sono così intensi che i lavoratori hanno le mani penosamente deformate dallo sforzo continuo. L’impresa di Zhongshan si chiama Kingmaker Footwear, con capitali taiwanesi, ha 4.700 dipendenti di cui l’80% donne. Ci lavorano anche minorenni di 14 e 15 anni. La maggioranza della produzione è destinata a un solo cliente, Timberland. Le testimonianze dirette sui terribili abusi perpetrati dietro i muri di quella fabbrica sono state raccolte dall’associazione umanitaria China Labor Watch, impegnata nella battaglia contro lo sfruttamento dei minori e le violazioni dei diritti dei lavoratori. Di fronte a queste rivelazioni il quartier generale della multinazionale ha dovuto fare “mea culpa” e ha ammesso che è a conoscenza che quella fabbrica ha avuto dei problemi relativi alle condizioni di lavoro, sono disposti a impegnarsi per aiutare i proprietari della fabbrica a migliorare. I “problemi relativi alle condizioni di lavoro” però non sono emersi durante le regolari ispezioni che la Timberland fa alle sue fabbriche cinesi (due volte l’anno), né risultano dai rapporti del suo rappresentante permanente nell’azienda.”
L’organizzazione americana Chinalabor watch a più riprese ha denunciato le condizioni di lavoro e i bassi salari cui sono sottoposti i lavoratori cinesi che lavorano per le multinazionali di tutto il mondo:
Queste le contestazioni ricorrenti emerse durante le indagini svolte presso le factory cinesi che producono per i brands più famosi:
– L’orario di lavoro giornaliero ufficiale è di 8 ore, ma nella realtà lo straordinario di almeno due ore giornaliere è obbligatorio.
– La produttività richiesta costringe a turni di lavoro massacranti.
– Le condizioni igieniche dei dormitori è precaria e del tutto insoddisfacente.
– L’assistenza sanitaria è inesistente.
– L’impiego di minori è alquanto diffuso.
– Lo stipendio garantisce a malapena la sussistenza.
– Le organizzazioni sindacali non esistono o sono conniventi con la proprietà.
– I lavoratori possono nella realtà essere licenziati per qualsiasi motivo e senza preavviso.
– Sono diffuse pratiche di mobbing e punizioni di vario genere.
– Il numero di lavoratori che si suicidano è molto alto tra i lavoratori di queste aziende subfornitrici.
India
(La denuncia è stata fatta dall’organizzazione Human Right Watch)
Nel Paese Indiano è molto diffuso il lavoro minorile, nel settore della produzione della seta vengono impiegati bambini dai 5 ai 12 anni in turni di lavoro anche di 12 ore giornaliere, questi bambini vengono spesso strappati alle loro famiglie che non sono in grado di onorare i prestiti ricevuti e che in cambio danno i loro figli in mano ad imprenditori senza scrupoli.
Cresceranno senza istruzione, senza sogni e senza un sorriso, invecchieranno e vivranno come schiavi per tutta la loro vita, segnati nel fisico e nello spirito.
Indonesia, filippine, Sri Lanka
Nell’area realizzano prodotto per il settore sportware, si produce per tutti i marchi noti e tanto sponsorizzati dai ns. divi delle sport.
Ecco in breve i soprusi cui debbono sottostare i lavoratori di queste nazioni:
– Lo stipendio viene spesso cottimizzato (si paga per i pezzi prodotti e non per il tempo impiegato)anche se le leggi locali lo vietano.
– I lavoratori vengono spesso assunti a tempo determinato e per brevi periodi subendo così il ricatto del mancato rinnovo del contratto.
– Il salario spesso è inferiore a quello minimo di legge.
– Il lavoro straordinario è forzato e non volontario come prescrive la legge.










